I 4 approcci al lavoro dei multipotenziali

Quando ho cominciato a dare dimissioni con la stessa frequenza con cui al cane va cambiato il collare antipulci, ho cominciato a sentirmi in dovere di giustificare con forza le mie decisioni.
Il grande classico “non sei tu, sono io” che puntualmente precedeva e concludeva la mia accorata apologia non bastava più, perché a una certa la convinzione con cui dicevo “fuori c’è altro, vado a prendermelo” perdeva forza e colore. Quando dicevo fuori intendevo fuori da questo ufficio, oppure out of the box, fuori da non si sa bene quale limite mi fossi imposta da sola quando avevo cominciato quel lavoro che poi mi aveva stufato e che avevo deciso di lasciare. Curioso che, invece, a furia di cercare fuori abbia soltanto imparato a fare la trottola impazzita, e quando ho sbirciato dentro ho cominciato a rimettere insieme i pezzi.

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Quando ci sentiamo annoiati e poco stimolati non dipende sempre da quanto poco sia interessante quello che ci circonda, ma spesso soltanto da quanto poco siamo in grado di conoscerci. Uno dei modi in cui possiamo scoprire se è davvero giusto dedicarci ad una cosa sola e quella cosa in particolare, ad un lavoro in cui sentiamo di fare cose ripetitive, è seguire Puttylike, dove Emilie Wapnick parla di cosa significhi essere multipotenziale.

In particolare Emilie parla di ben 4 modi di essere multipotenziali, e tanti miei amici e conoscenti farebbero bene a leggerlo prima di dire un’altra volta “mi annoio”.

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#1 The Group Hug Approach

Secondo questo approccio, alcuni multipotenziali si dedicano ad attività lavorative molto variegate e poco specializzate. Si chiama anche approccio dell’uomo rinascimentale perché come sappiamo durante il Rinascimento studiare matematica filosofia architettura e comporre sonetti nelle pause era praticamente l’equivalente in coolness del risvoltino e della cucina fusion. My resume reads like it belongs to ten different people. 

Chiaramente per poter rivedersi in questo approccio e decidere che è quello che fa per noi, dobbiamo essere in grado di trovare ambienti di lavoro – di solito per questo è perfetto l’ambiente delle start up – per i quali sono richieste una serie di figure molto trasversali e poco specializzate. Ma, soprattutto, dobbiamo chiederci se i nostri diversi interessi possono aiutarci a comporre una serie di competenze spendibili in un’unica figura professionale.
Good luck.

#2 The Slash Approach

L’avvocato che insegna MMA, il maestro delle elementari che gestisce un bar, una ricercatrice biologa appassionata di giochi di ruolo dal vivo. Sono solo tre esempi di multipotenziali – di mia conoscenza – che hanno scelto questo tipo di approccio e che riescono anche molto bene in quello che fanno: questo perché, secondo questo approccio, ci dedichiamo con passione a due tipi di attività apparentemente completamente scollegate tra loro, ma che contribuiscono a definirci come persone dagli interessi diversi.

La nostra professionalità risente di tutti i lati del nostro carattere, incluse le passioni extra. È uno dei motivi per cui nel curriculum io consiglio sempre di infilare tutte le attività che non rientrano strettamente nella descrizione della posizione per cui stiamo applicando, perché no? Se il mio è lo slash approach il mio capo lo deve sapere (e se non gli sta bene, saperlo dal primo momento).

#3 The Einstein Approach

Questo, benché il nome rimandi a una delle persone che più ispirano quotidianamente geni, pensatori e creatori di immagini motivazionali, forse è l’approccio più sofferto, però credo sia anche il più diffuso. Si parla di Einstein Approach quando il nostro impiego non ci piace, e allora ci dedichiamo ad altre attività con passione e convinzione nei ritagli di tempo che restano al di fuori delle 8 ore d’ufficio. (pare che Einstein fosse una specie di impiegato che tornato a casa la sera, scopriva come funziona l’Universo).

Altre volte, invece, se siamo particolarmente lungimiranti, siamo in grado di guardare in prospettiva e svolgere per anni un lavoro poco stimolante, che però ci consente di guadagnarci da vivere, per poi lasciarlo quando saremo in grado di dedicarci alle nostre passioni. Un grande classico sono i blogger (viaggi, cucina, fotografia, etc) che per anni lavorano in agenzie, uffici e aziende più o meno grandi, per poi lasciare tutto e lanciarsi verso il vero amore. Ci vuole coraggio due volte: per accettare un lavoro noioso e rassicurante prima e per lasciare tutto poi.

#4 The Serial Phoenix Approach

Come il nome suggerisce in modo piuttosto efficace, questo è il tipo di approccio di chi ha difficoltà ad essere costante, e che letteralmente chiude una cosa e ne comincia una nuova: le persone che si annoiano in modo irrisolvibile. Lasciano un lavoro e ne cercano un altro, si stufano di una cosa scoperta pochi mesi prima, vivono di passioni forti che non sono mai durature.

Ho sempre pensato di essere nel posto sbagliato dopo pochi mesi che ci avevo messo piede, e non mi rendevo conto che stavo semplicemente mettendo in atto il Phoenix Approach. Ogni volta, a mia insaputa, sbattevo la testa contro il fatto che, semplicemente, non ero fatta per le posizioni da specialist. Questo è probabilmente l’approccio più dramatic di tutti, e non c’è niente di sbagliato in sé, basta riconoscerlo. Probabilmente, rivedersi in questo profilo significa che possiamo provare, se temiamo l’instabilità professionale – leggi: stare senza lavoro troppo a lungo tra un amore e l’altro –  a spostarci verso il primo approccio (che suggerisce una posizione poco specializzata e molto trasversale) e accogliere tutti i nostri nuovi amori in una grande orgia intellettuale che non sto qui a spiegarvi ma quando succede è bellissimo.

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A questo punto direi che nessuno possa raccontarvi i Multipotenziali meglio della persona che ha coniato il termine, quindi facciamo che vi lascio il video qui e vi assicuro che merita, #mindfuck assicurato.

 

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