Millennials che si licenziano: lo abbiamo chiesto a una di loro (cioè io)

Quando ho letto questo articolo non sono riuscita a non sorridere, perché quando qualcuno riesce a fare una fotografia di una condizione che conosci molto bene, credo capiti a tutti.
Empatia o egocentrismo, chiamatelo comevepare.

Diciamo anche che questo post avrei potuto chiamarlo
Ho lavorato 4 anni in 5 agenzie e mi sono licenziata da tutte e questo è quello che ho scoperto” alla Vice, perché di fatto è esattamente quello che mi è successo, ma di per sé non è una storia così affascinante se pensiamo che potrei essere una povera pazza che non sa quello che fa.
Ebbene, i pazzi come me sono moltissimi a quanto pare, rappresentano il 35% della forza lavoro al momento e saranno il 46% nel 2020.

Tra 4 anni un lavoratore su due sarà un millennial.

So di non rappresentare da sola un’intera fascia di popolazione che va dai 18 ai 35 anni, ma di sicuro una volta letti questi punti non potrete – se siete millennial anche voi – non pensare “oh crap devo firmare la lettera di dimissioni ORA“.
Se non è così, probabilmente: o siete in cerca, oppure avete cominciato da poco un nuovo lavoro – la sofferenza comincia dopo la luna di miele tra un qualunque millennial e la sua postazione di lavoro, quindi dai tre ai sei mesi.

Per cui consapevole del fatto che non tutti sappiano leggere l’inglese, vi propongo una mia personale interpretazione dell’articolo di cui sopra, che se siete puristi potete sempre leggere nella sua versione originale, lì resta.

5 MOTIVI PER CUI I MILLENNIALS SI LICENZIANO 

Ci fa schifo lavorare A CAZZO DI CANE

Qui lo dico e qui lo nego, mi dispiace cari colleghi/capi più grandi-sposati-daquandohounfigliodevodelegare: 
sottovalutare l’importanza di fare le cose per bene
, con precisione e attenzione e NON far gestire i flussi di lavoro a persone INTELLIGENTI, nel senso proprio con un alto Q.I., è la prima cosa che farà pensare a un ragazzino cresciuto nel mito dei miracoli dell’innovazione di Steve Jobs “ma perché devo prendere ordini da queste scimmie urlatrici?” lasciandovi con una caterva di cartelle e file da sbolognare all’ignaro stagista a cui toccherà ereditare il lavoro del giovane sognatore disgustato dalla vostra approssimazione. Pensateci, vi ho avvisato.

Numeri e ROI non significano niente se il lavoro mi annoia

Non pensate che anni di studio, uniti a un costante bombardamento da tutti i canali di informazione che abbiamo a disposizione, che ci ripetono che la laurea non serve, siano motivo di vergogna e di rassegnazione: au contrarie.
Molto spesso fingiamo, in pausa caffè o magari già al colloquio, di esserci un po’ pentiti di non aver cominciato quel lavoro di contabilità nell’azienda di Zio Pino, oppure testa tra le spalle ammettiamo che quel Master pagato profumatamente non sia servito a nulla.
Cazzate.
In realtà siamo consapevoli che tutto quello che abbiamo imparato ci ha portati a essere esattamente la persona che avete scelto alle selezioni, grazie al modo di fare sicuro e diretto imparato durante innumerevoli esami, e grazie a lavori di dialettica di una complessità che voi non ricordate nemmeno perché probabilmente alle superiori eravate in bagno a fumare.
Siamo dei secchioni, ci piacciono i numeri ma non siamo calcolatrici – anzi immaginate di avere dei piccoli ricercatori universitari a cui basterà sognare di poter cambiare il mondo con il loro lavoro.
Se invece ci trattate come calcolatrici, presto il file .xls di budget+ROI che abbiamo redatto e curato con amore toccherà allo stagista disperato di cui al punto 1.

Circondateci di stimoli, non di bonus

Non siamo bambini al nido e non dobbiamo imparare la consistenza della carta di riso o i colori dell’arcobaleno, ma a noi delle cialde di caffè aziendali, del bonus e dello sconto palestra convenzionata, paradossalmente, frega poco: siamo così poco attaccati al vil denaro che qualcuno sostiene che grazie alla nostra ossessione per gli avocado non compreremo mai una casa. D’altronde lo dimostra il fatto che abbiamo lavorato per spiccioli, mentre fuori c’era chi diceva “i giovani d’oggi non vogliono fare niente”. Avete mai provato ad affrontare uno stage full-time a 300 euro al mese, dopo aver imparato tutto quello che c’era da imparare dopo 3 mesi, e lasciare il posto di lavoro per noia e non per la scarsa retribuzione?

Se la risposta è no, ecco spiegato perché i millennial tendono a preferire ambienti stimolanti. Certo, una buona retribuzione può essere un incentivo forte, ma se ci circondate di colleghi pigri, senza interessi, non ci fornite un ambiente di lavoro stimolante, non ci invoglierete a restare. Tradotto: scegliete bene anche i nostri colleghi, grazie.

Siamo romantici e vendicativi: Millennials is the new Drama Queen

Non crediate che non sappiamo perché ci avete assunto: perché siamo under 30, perché con quella nuova legge ci sono gli incentivi, perché vi serve uno che sappia fare tutto – il famoso social media manager che deve saper programmare e conoscere 4 lingue – e che non ha mai imparato a dare un valore economico al proprio lavoro.

Trattandoci come bamboccetti da crescere sotto l’ala protettiva della vostra pigrizia intellettuale, non soltanto ci spezzerete il cuore, ma con esso andrà in frantumi il sogno di gloria di svegliarci ogni mattina con un purpose.
Tradotto: se ci tratterete come numeri, sarete ricambiati con la stessa moneta, e nei momenti di maggiore difficoltà, per giunta.
Che vogliate crederlo o meno, a noi interessa crescere e incontrare nuovi amici per la vita, intrecciare relazioni durature e fare network, quella parolaccia di cui non fate che riempirvi la bocca pur ignorando di dover cominciare dai vostri uffici.

Siate affamati, siate folli, siate ipocriti

Ok, il quinto motivo lo aggiungo io e vi lascio con una cosa imparata sul campo: imparate a fingere MEGLIO.

Il datore di lavoro deve capire tutto quello che accade ma non deve essere più preparato dei suoi dipendenti: illudeteci, fateci credere di essere una specie di maestro Yoda, e a noi basterà vivere in questa illusione. Nella realtà potete essere anche J J J, il direttore del Daily Bugle. Chissene, l’importante è che seguiate ogni aspetto del nostro lavoro ma che ci lasciate lavorare e cavalcare liberi con la testa tra le nuvole.
D’altronde, non avete bisogno di essere i migliori, smettetela di circondarvi di persone più stupide di voi e diventate voi i più stupidi.  Godetevi l’aumento del fatturato del millemila per cento e la vostra casa, noi per pranzo abbiamo insalata di avocado e – per adesso – ci va bene così.

 

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