Hai mai sentito/letto la parola P2P?
O, nella versione non abbreviata, Peer to Peer?
Da Wikipedia:
Peer-to-peer (P2P), in informatica, è un’espressione che indica un’architettura logica di rete informatica in cui i nodi non sono gerarchizzati unicamente sotto forma di client o server fissi (clienti e serventi), ma sotto forma di nodi equivalenti o paritari(in inglese peer) che possono cioè fungere sia da cliente che da servente verso gli altri nodi terminali (host) della rete. Essa dunque è un caso particolare dell’architettura logica di rete client-server.
Peer to Peer significa letteralmente “da pari a pari”, lavorano in P2P ad esempio i computer collegati in rete che si possono connettere l’uno all’altro per scambiare file previo consenso.
In genere sono reti domestiche, raramente aziendali, le quali invece di solito, soprattutto nel caso di aziende grosse, si affidano ai server.
Con P2P si fa dunque riferimento ad una rete paritaria, si intende una rete di computer o qualsiasi rete informatica costituita da nodi equivalenti (in inglese peer) che fungono sia da cliente che da servente verso altri nodi della rete.
Ma che vuol dire?
Il modello di rete P2P è l’antitesi dell’architettura, classica, client-server.
Mediante questa configurazione qualsiasi nodo è in grado di avviare o completare una transazione.
L’esempio classico di P2P è la rete per la condivisione di file (File sharing: il sistema dei Torrent, così come il famosissimo programma eMule).
Grazie al P2P, il mio computer comunica direttamente con un altro computer.
In questo modo, il controllo della circolazione delle informazioni e dei file è molto più complessa,
perché non esiste un server – che funge da “base” per gli scambi – da poter bloccare, ma le informazioni rimbalzano da nodo a nodo senza base fissa.
Ecco perché realtà come Emule, così come quella dei Torrent, non sono facili da fermare per le autorità competenti, che invece spesso bloccano siti (spesso a circolare sono file protetti da copyright).